Non si placa la polemica sulla vignetta apparsa su Charlie Hebdo per commentare il terremoto di Amatrice.
Pur sapendo di assumere una posizione scomoda, distante rispetto alle tanti voci indignate, ribadiamo la libertà di espressione e di stampa come bene supremo di una democrazia.
Per difendere i vignettisti si potrebbe sottolineare che la vignetta non è stata capita, anche per la presenza di giochi di parole che difficilmente si potrebbero tradurre ("gratinées", ad esempio, significa che gli edifici erano costruiti con la sabbia e "penne" sta per "pena, sofferenza").
Ma se ci limitassimo a questo, il pericolo sarebbe in agguato.
La libertà di espressione non può fondarsi sulla intelligibilità di una vignetta, né sul gusto condiviso (qualcosa di analogo al comune senso del pudore di un tempo), e neppure sulla capacità di far ridere (ve l'immaginate una censura che valuta se una vignetta fa ridere o no?).
La libertà di espressione va tutelata a prescindere, così come è tutelata la scelta di non comprare (o di cestinare) il giornale che pubblica queste vignette.
La libertà non può avere censori, anche quando è scomoda. Soprattutto quando è scomoda.
Lo spiegano bene, da due diversi punti di vista, gli articoli che proponiamo.
Fonti: glistatigenerali.com; corriere.it